lunedì 28 gennaio 2008

Ognuno ha le reliquie che si merita.

La citazione è di De Chirico, lo spunto viende dal fatto che ieri ad Arte in Fiera a Bologna c'erano anche dei suoi quadri (e non pochi). Ma questo è solo un pretesto per parlare di questo colossale evento, dove forse sarebbe stato meglio dedicarci qualche giorno e non un pomeriggio, che è stato - ad ogni modo - estremamente gratificante. Una bella immersione nell'arte moderna e, soprattutto, contemporanea. Molta fotografia, poca scultura, ancora impera la pittura, un pò di video - zero bioart, un pò di land art (documentata). Molti artisti sconosciuti e grandi nomi, opere scioccanti o delicatamente poetiche. Ne ho viste così tante degne di nota che sarebbe ingiusto citarne qualcuna, per offuscarne altre. Però per chi non ha avuto la fortuna di andarci un bel giro sul sito dell'evento, con numerosi video che documentano e una galleria d'immagini (un pò risicata a dire la verità... ma tant'è! meglio di niente). Ottima l'idea - mai sentita prima in una fiera - di organizzare visite guidate, oltretutto di qualità eccelsa. L'organizzazione è a carico del MAMbo (Museo di Arte Moderna di Bologna) che non ho ancora avuto piacere di visitare ma che inizio a pensare che potrebbe non deludermi. Intanto un giro al sito didattico, messo in piedi con altri sei musei internazionali, vale la pena di farlo: ricco di materiali molto interessanti, filmati, animazioni interattive e persino alcuni software - es. come creare un libro da stampare o come creare un ritratto di un personaggio fantastico.
Peccato che in Italia l'arte contemporanea sia assolutamente sconosciuta, non apprezzata e non sostenuta. e dire che gli artisti non mancano. e dire che poche cose ci appartengano come l'arte contemporanea.
pazienza, accontentiamoci di questi eventi fieristici, che seppur nella loro veste commerciale, permettono ogni tanto una sana indigestione di arte, che talvolta non è male nemmeno gironzolare tra le opere d'arte, senza il condizionamento di un percorso d'arte suggerito nelle mostre (senza nulla togliere a queste, ovviamente!)

ps. ovviamente non mancavano i Baobab... bastava cercarli il giusto, quattro, uno per ogni stagione (!!! - ovviamente una provocazione)

sabato 26 gennaio 2008

a chi interessa la paleografia???

"the huamn mnid deos not raed ervey lteter by istlef, but the wrod as a wlohe. The oredr of the ltteers in the wrod can be in a total mses but you can sitll raed it wouthit any porbelm." l'argomento è un pò di nicchia forse, ma il sito è così ricco di curiosità e attività interattive che alla fine si può scoprire che anche una mostra online sulla paleografia può essere interessante. Al termine della visita guidata anche un gioco interattivo in pieno stile inglese: trascrivi il significato della parola manoscritta oppure una signorina sarà affogata nel fiume.
Davvero un bell'esempio di mostra online (almeno a mio parere), non il solito catalogo che non ti lascia nulla e nemmeno un assemblato di foto malfatte dal quale al massimo si può intuire quanto si possono divertire i visitare, cosa estremamente frequente. E' quasi un corso in elearning sulla materia, senza perdere il fascino e l'interesse di una mostra.
Tutto il sito che ospita la mostra è in realtà degno di nota: si tratta dell'archivio nazionale inglese, composto da oltre 10000 documenti che appartengono alla storia del paese, tutti liberamente consultabili e facilmente accessibiil grazie ad un rapido ed efficace motore di ricerca. Dimenticavo, ci sono capitata ora, ma la mostra risale addirittura al 2006. Aggiungo inoltre che dietro non ci sono tecnologie multimediali mostruose, ma cose normali per il web - anche per quello del 2006 - a cui sono state applicate buon senso, buone idee, creatività e comprensione di quel che può interessare alla gente.
eeeh... (mi fermo qui, non voglio lanciarmi in facili paragoni e sterili polemiche)

ps. nello stesso sito c'è anche un più "futile" e divertente approfondimento su "segreti e spie", dove si può giocare un pò con i codici criptati...

giovedì 24 gennaio 2008

indicizziamo il genoma

Ieri su punto informatico hanno pubblicato questa notizia, che ritengo degna di nota. Non tanto per via del servizio di cui parlano - mandi un campione di tessuto, torna indietro la descrizione del tuo genoma e persino un carteggio su cosa è meglio per te-visto-che-hai-quel-genoma (che peraltro credo abbia la stessa valenza scientifica al momento di una previsione astrologica...) - che non è certo una novità, ci sono tante azienducole in giro per il mondo che lo fanno, con scopi più o meno di lucro/ricerca/etc., ma il fatto che tra i grandi finanziatori del progetto c'è google. già me li vedo indicizzare anche il genome. Cerca la tua anima gemella nel grande database! quella che ha la sequenza xy che denota un certo attaccamento alla famiglia, oppure quello che la sequenza ATCGGCT seguita da ATCGG nel cromosoma 25 etc che va proprio bene per un'avventura estiva.

chissà se arriveranno prima loro ad indicizzare il genoma oppure i consorzi di ricerca "propriamente detti". staremo a vedere, il gioco si fa interessante, forse anche un pelino pericoloso, oppure sarà solo l'ennesimo grande circo. Chi lo sà? si aprano le danze!!!

lunedì 14 gennaio 2008

anche il grande fratello può non essere male...

...se diventa spunto per interessanti parodie. Non di quelle comiche tout-cour, ma di quelle che fanno male mentre sorridi. Nichiliste, violente eppure ironiche. Parlo di due libri. Il primo, letto già un paio di anni fa - Acido Solforico di Amelie Nothomb, narra di un reality immaginario girato in un campo di concentramento, dove, come nel famoso esperimento di simulazione "carcerati e guardie", le persone si sottomettono al loro ruolo, guardie spietate e vittime inconsulte, sotto gli occhi assetati e assuefatti di orrore degli spettatori. Agghiacciante, da leggere. L'altro ieri ho finito di leggere invece il secondo libro sul genere (in parte, perché il filone è quello di... eravamo rinchiusi in un castello...), Cavie di Palahniuk, nichilista, violento, ossessivo (anche nella forma, ripetitiva fino all'infinito), a tratti vistosamente irreale, come le parodie della violenza nei filme di Tarantino, non risparmia niente, nemmeno il sesso, che più dissacrato di così non riesco a immaginarlo, il termine "volgare" proprio non rende. Forse tirato un pò via nel finale, è incredibile come a tentar di raccontarlo sembri banale, mentre leggerla... tutt'altro. Il succo della storia è il ritrovarsi di alcune persone con vite tormentate ad una specie di raduno per scrittori, che è in realtà una trappola che loro stessi contribuiscono a costruirsi, perché non si accontentano di una banale situazione di "sequestro ma con tutti gli agi per tre mesi di modo che possano pensare solo a scrivere", già che sono lì, sono attratti dall'irresistibile tentazione di sfruttare la situazione per diventare incredibilmente famosi... inventandosi lì per lì una specie di reality, con tanto di videocamera con un solo nastro su cui storie sempre più interessanti copriranno le precedenti, scrivendo mentalmente un resoconto edulcorato (in negativo), ovviamente sotto gli unici occhi dei partecipanti...eh, poi ci sarebbero altre cose interessanti da dire, ma si capirebbe troppo della trama. E' ricco di storie, alcune notevoli(altre un pò meno a dir la verità, ma nel complesso vale la pena, fosse anche solo per gli aspetti parossistici in cui rivedere molto della società odierna... e non solo americana come ho letto in molti commenti al libro...).

mercoledì 9 gennaio 2008

a.a.a. offresi pagina bianca per scrivere

lavagna bianca da usare in condivisione nel proprio sito: è semplice, basta aggiungere un codice dal sito http://www.skrbl.com/ (ma non è l'unico). L'idea mi pare molto interessante.

skrbl now

martedì 8 gennaio 2008

azzurri di un azzuro di stoviglia

...non ho resistito, un tuffo nel passato: sono finita per caso sul sito di LiberLiber e ho trovato tutte le poesie di Gozzano. Poesie ne leggo poche, ci vuole tempo, silenzio, pazienza, ma per una volta mi sono voluta soffermare a vedere se ancora mi ricordavo qualcosa che ho letto veramente tanti anni fa, e vedere l'effetto che mi faceva. Ed è lì che è venuto fuori quegli occhi azzurri di un azzurro di stoviglia... con i rumori attutiti di un tempo passato e la malinconia piena di odori e profumi. E così non ho resistito, la poesia è libera da diritti per cui la riporto qui (Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5), chissà perché mi è sempre piaciuta, forse perché l'ho letta tante volte, o forse perché parlava di luoghi, piante, odori, animali che conoscevo, o forse perché con tutta la sua ironia sembrava vera. O forse non mi è mai piaciuta, ma a distanza di tempo, un pò come la pasta di quando eri piccolo, sembra tutto più melanconicamente desiderabile, con quel sapore di casa... (e questo post basta come tributo alla malinconia per tutto l'anno!).

La signorina Felicita ovvero la Felicità

10 luglio: Santa Felicita.

I.

Signorina Felicita, a quest'ora
scende la sera nel giardino antico
della tua casa. Nel mio cuore amico
scende il ricordo. E ti rivedo ancora,
e Ivrea rivedo e la cerulea Dora
e quel dolce paese che non dico.

Signorina Felicita, è il tuo giorno!
A quest'ora che fai? Tosti il caffè:
e il buon aroma si diffonde intorno?
O cuci i lini e canti e pensi a me,
all'avvocato che non fa ritorno?
E l'avvocato è qui: che pensa a te.

Pensa i bei giorni d'un autunno addietro,
Vill'Amarena a sommo dell'ascesa
coi suoi ciliegi e con la sua Marchesa
dannata, e l'orto dal profumo tetro
di busso e i cocci innumeri di vetro
sulla cinta vetusta, alla difesa...

Vill'Amarena! Dolce la tua casa
in quella grande pace settembrina!
La tua casa che veste una cortina
di granoturco fino alla cimasa:
come una dama secentista, invasa
dal Tempo, che vestì da contadina.

Bell'edificio triste inabitato!
Grate panciute, logore, contorte!
Silenzio! Fuga dalle stanze morte!
Odore d'ombra! Odore di passato!
Odore d'abbandono desolato!
Fiabe defunte delle sovrapporte!

Ercole furibondo ed il Centauro,
le gesta dell'eroe navigatore,
Fetonte e il Po, lo sventurato amore
d'Arianna, Minosse, il Minotauro,
Dafne rincorsa, trasmutata in lauro
tra le braccia del Nume ghermitore...

Penso l'arredo - che malinconia! -
penso l'arredo squallido e severo,
antico e nuovo: la pirografia
sui divani corinzi dell'Impero,
la cartolina della Bella Otero
alle specchiere... Che malinconia!

Antica suppellettile forbita!
Armadi immensi pieni di lenzuola
che tu rammendi pazïente... Avita
semplicità che l'anima consola,
semplicità dove tu vivi sola
con tuo padre la tua semplice vita!

II.

Quel tuo buon padre - in fama d'usuraio -
quasi bifolco, m'accoglieva senza
inquietarsi della mia frequenza,
mi parlava dell'uve e del massaio,
mi confidava certo antico guaio
notarile, con somma deferenza.

"Senta, avvocato..." E mi traeva inqueto
nel salone, talvolta, con un atto
che leggeva lentissimo, in segreto.
Io l'ascoltavo docile, distratto
da quell'odor d'inchiostro putrefatto,
da quel disegno strano del tappeto,

da quel salone buio e troppo vasto...
"...la Marchesa fuggì... Le spese cieche..."
da quel parato a ghirlandette, a greche...
"dell'ottocento e dieci, ma il catasto..."
da quel tic-tac dell'orologio guasto...
"...l'ipotecario è morto, e l'ipoteche..."

Capiva poi che non capivo niente
e sbigottiva: "Ma l'ipotecario
è morto, è morto!!...". - "E se l'ipotecario
è morto, allora..." Fortunatamente
tu comparivi tutta sorridente:
"Ecco il nostro malato immaginario!".

III.

Sei quasi brutta, priva di lusinga
nelle tue vesti quasi campagnole,
ma la tua faccia buona e casalinga,
ma i bei capelli di color di sole,
attorti in minutissime trecciuole,
ti fanno un tipo di beltà fiamminga...

E rivedo la tua bocca vermiglia
così larga nel ridere e nel bere,
e il volto quadro, senza sopracciglia,
tutto sparso d'efelidi leggiere
e gli occhi fermi, l'iridi sincere
azzurre d'un azzurro di stoviglia...

Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermi
rideva una blandizie femminina.
Tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, Signorina:
e più d'ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!

Ogni giorno salivo alla tua volta
pel soleggiato ripido sentiero.
Il farmacista non pensò davvero
un'amicizia così bene accolta,
quando ti presentò la prima volta
l'ignoto villeggiante forestiero.

Talora - già la mensa era imbandita -
mi trattenevi a cena. Era una cena
d'altri tempi, col gatto e la falena
e la stoviglia semplice e fiorita
e il commento dei cibi e Maddalena
decrepita, e la siesta e la partita...

Per la partita, verso ventun'ore
giungeva tutto l'inclito collegio
politico locale: il molto Regio
Notaio, il signor Sindaco, il Dottore;
ma - poiché trasognato giocatore -
quei signori m'avevano in dispregio...

M'era più dolce starmene in cucina
tra le stoviglie a vividi colori:
tu tacevi, tacevo, Signorina:
godevo quel silenzio e quegli odori
tanto tanto per me consolatori,
di basilico d'aglio di cedrina...

Maddalena con sordo brontolio
disponeva gli arredi ben detersi,
rigovernava lentamente ed io,
già smarrito nei sogni più diversi,
accordavo le sillabe dei versi
sul ritmo eguale dell'acciottolio.

Sotto l'immensa cappa del camino
(in me rivive l'anima d'un cuoco
forse...) godevo il sibilo del fuoco;
la canzone d'un grillo canterino
mi diceva parole, a poco a poco,
e vedevo Pinocchio e il mio destino...

Vedevo questa vita che m'avanza:
chiudevo gli occhi nei presagi grevi;
aprivo gli occhi: tu mi sorridevi,
ed ecco rifioriva la speranza!
Giungevano le risa, i motti brevi
dei giocatori, da quell'altra stanza.

IV.

Bellezza riposata dei solai
dove il rifiuto secolare dorme!
In quella tomba, tra le vane forme
di ciò ch'è stato e non sarà più mai,
bianca bella così che sussultai,
la Dama apparve nella tela enorme:

"È quella che lasciò, per infortuni,
la casa al nonno di mio nonno... E noi
la confinammo nel solaio, poi
che porta pena... L'han veduta alcuni
lasciare il quadro; in certi noviluni
s'ode il suo passo lungo i corridoi...".

Il nostro passo diffondeva l'eco
tra quei rottami del passato vano,
e la Marchesa dal profilo greco,
altocinta, l'un piede ignudo in mano,
si riposava all'ombra d'uno speco
arcade, sotto un bel cielo pagano.

Intorno a quella che rideva illusa
nel ricco peplo, e che morì di fame,
v'era una stirpe logora e confusa:
topaie, materassi, vasellame,
lucerne, ceste, mobili: ciarpame
reietto, così caro alla mia Musa!

Tra i materassi logori e le ceste
v'erano stampe di persone egregie;
incoronato dalle frondi regie
v'era Torquato nei giardini d'Este.
"Avvocato, perché su quelle teste
buffe si vede un ramo di ciliege?"

Io risi, tanto che fermammo il passo,
e ridendo pensai questo pensiero:
Oimè! La Gloria! un corridoio basso,
tre ceste, un canterano dell'Impero,
la brutta effigie incorniciata in nero
e sotto il nome di Torquato Tasso!

Allora, quasi a voce che richiama,
esplorai la pianura autunnale
dall'abbaino secentista, ovale,
a telaietti fitti, ove la trama
del vetro deformava il panorama
come un antico smalto innaturale.

Non vero (e bello) come in uno smalto
a zone quadre, apparve il Canavese:
Ivrea turrita, i colli di Montalto,
la Serra dritta, gli alberi, le chiese;
e il mio sogno di pace si protese
da quel rifugio luminoso ed alto.

Ecco - pensavo - questa è l'Amarena,
ma laggiù, oltre i colli dilettosi,
c'è il Mondo: quella cosa tutta piena
di lotte e di commerci turbinosi,
la cosa tutta piena di quei "cosi
con due gambe" che fanno tanta pena...

L'Eguagliatrice numera le fosse,
ma quelli vanno, spinti da chimere
vane, divisi e suddivisi a schiere
opposte, intesi all'odio e alle percosse:
così come ci son formiche rosse,
così come ci son formiche nere...

Schierati al sole o all'ombra della Croce,
tutti travolge il turbine dell'oro;
o Musa - oimè! - che può giovare loro
il ritmo della mia piccola voce?
Meglio fuggire dalla guerra atroce
del piacere, dell'oro, dell'alloro...

L'alloro... Oh! Bimbo semplice che fui,
dal cuore in mano e dalla fronte alta!
Oggi l'alloro è premio di colui
che tra clangor di buccine s'esalta,
che sale cerretano alla ribalta
per far di sé favoleggiar altrui...

"Avvocato, non parla: che cos'ha?"
"Oh! Signorina! Penso ai casi miei,
a piccole miserie, alla città...
Sarebbe dolce restar qui, con Lei!..."
"Qui, nel solaio?..." - "Per l'eternità!"
"Per sempre? Accetterebbe?..." - "Accetterei!"

Tacqui. Scorgevo un atropo soletto
e prigioniero. Stavasi in riposo
alla parete: il segno spaventoso
chiuso tra l'ali ripiegate a tetto.
Come lo vellicai sul corsaletto
si librò con un ronzo lamentoso.

"Che ronzo triste!" - "È la Marchesa in pianto...
La Dannata sarà che porta pena..."
Nulla s'udiva che la sfinge in pena
e dalle vigne, ad ora ad ora, un canto:
O mio carino tu mi piaci tanto,
siccome piace al mar una sirena
...

Un richiamo s'alzò, querulo e rôco:
"È Maddalena inqueta che si tardi:
scendiamo; è l'ora della cena!". - "Guardi,
guardi il tramonto, là... Com'è di fuoco!...
Restiamo ancora un poco!" - "Andiamo, è tardi!"
"Signorina, restiamo ancora un poco!..."

Le fronti al vetro, chini sulla piana,
seguimmo i neri pippistrelli, a frotte;
giunse col vento un ritmo di campana,
disparve il sole fra le nubi rotte;
a poco a poco s'annunciò la notte
sulla serenità canavesana...

"Una stella!..." - "Tre stelle!..." - "Quattro stelle!..."
"Cinque stelle!" - "Non sembra di sognare?..."
Ma ti levasti su quasi ribelle
alla perplessità crepuscolare:
"Scendiamo! È tardi: possono pensare
che noi si faccia cose poco belle..."

V.

Ozi beati a mezzo la giornata,
nel parco dei marchesi, ove la traccia
restava appena dell'età passata!
Le Stagioni camuse e senza braccia,
fra mucchi di letame e di vinaccia,
dominavano i porri e l'insalata.

L'insalata, i legumi produttivi
deridevano il busso delle aiole;
volavano le pieridi nel sole
e le cetonie e i bombi fuggitivi...
Io ti parlavo, piano, e tu cucivi
innebriata dalle mie parole.

"Tutto mi spiace che mi piacque innanzi!
Ah! Rimanere qui, sempre, al suo fianco,
terminare la vita che m'avanzi
tra questo verde e questo lino bianco!
Se Lei sapesse come sono stanco
delle donne rifatte sui romanzi!

Vennero donne con proteso il cuore:
ognuna dileguò, senza vestigio.
Lei sola, forse, il freddo sognatore
educherebbe al tenero prodigio:
mai non comparve sul mio cielo grigio
quell'aurora che dicono: l'Amore..."

Tu mi fissavi... Nei begli occhi fissi
leggevo uno sgomento indefinito;
le mani ti cercai, sopra il cucito,
e te le strinsi lungamente, e dissi:
"Mia cara Signorina, se guarissi
ancora, mi vorrebbe per marito?".

"Perché mi fa tali discorsi vani?
Sposare, Lei, me brutta e poveretta!..."
E ti piegasti sulla tua panchetta
facendo al viso coppa delle mani,
simulando singhiozzi acuti e strani
per celia, come fa la scolaretta.

Ma, nel chinarmi su di te, m'accorsi
che sussultavi come chi singhiozza
veramente, né sa più ricomporsi:
mi parve udire la tua voce mozza
da gli ultimi singulti nella strozza:
"Non mi ten...ga mai più... tali dis...corsi!"

"Piange?" E tentai di sollevarti il viso
inutilmente. Poi, colto un fuscello,
ti vellicai l'orecchio, il collo snello...
Già tutta luminosa nel sorriso
ti sollevasti vinta d'improvviso,
trillando un trillo gaio di fringuello.

Donna: mistero senza fine bello!

VI.

Tu m'hai amato. Nei begli occhi fermi
luceva una blandizie femminina;
tu civettavi con sottili schermi,
tu volevi piacermi, Signorina;
e più d'ogni conquista cittadina
mi lusingò quel tuo voler piacermi!

Unire la mia sorte alla tua sorte
per sempre, nella casa centenaria!
Ah! Con te, forse, piccola consorte
vivace, trasparente come l'aria,
rinnegherei la fede letteraria
che fa la vita simile alla morte...

Oh! questa vita sterile, di sogno!
Meglio la vita ruvida concreta
del buon mercante inteso alla moneta,
meglio andare sferzati dal bisogno,
ma vivere di vita! Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d'essere un poeta!

Tu non fai versi. Tagli le camicie
per tuo padre. Hai fatta la seconda
classe, t'han detto che la Terra è tonda,
ma tu non credi... E non mediti Nietzsche...
Mi piaci. Mi faresti più felice
d'un'intellettuale gemebonda...

Tu ignori questo male che s'apprende
in noi. Tu vivi i tuoi giorni modesti,
tutta beata nelle tue faccende.
Mi piace. Penso che leggendo questi
miei versi tuoi, non mi comprenderesti,
ed a me piace chi non mi comprende.

Ed io non voglio più essere io!
Non più l'esteta gelido, il sofista,
ma vivere nel tuo borgo natio,
ma vivere alla piccola conquista
mercanteggiando placido, in oblio
come tuo padre, come il farmacista...

Ed io non voglio più essere io!

VII.

Il farmacista nella farmacia
m'elogiava un farmaco sagace:
"Vedrà che dorme le sue notti in pace:
un sonnifero d'oro, in fede mia!"
Narrava, intanto, certa gelosia
con non so che loquacità mordace.

"Ma c'è il notaio pazzo di quell'oca!
Ah! quel notaio, creda: un capo ameno!
La Signorina è brutta, senza seno,
volgaruccia, Lei sa, come una cuoca...
E la dote... la dote è poca, poca:
diecimila, chi sa, forse nemmeno..."

"Ma dunque?" - "C'è il notaio furibondo
con Lei, con me che volli presentarla
a Lei; non mi saluta, non mi parla..."
"È geloso?" - "Geloso! Un finimondo!..."
"Pettegolezzi!..." - "Ma non Le nascondo
che temo, temo qualche brutta ciarla..."

"Non tema! Parto." - "Parte? E va lontana?"
"Molto lontano... Vede, cade a mezzo
ogni motivo di pettegolezzo..."
"Davvero parte? Quando?" - "In settimana..."
Ed uscii dall'odor d'ipecacuana
nel plenilunio settembrino, al rezzo.

Andai vagando nel silenzio amico,
triste perduto come un mendicante.
Mezzanotte scoccò, lenta, rombante
su quel dolce paese che non dico.
La Luna sopra il campanile antico
pareva "un punto sopra un I gigante".

In molti mesti e pochi sogni lieti,
solo pellegrinai col mio rimpianto
fra le siepi, le vigne, i castagneti
quasi d'argento fatti nell'incanto;
e al cancello sostai del camposanto
come s'usa nei libri dei poeti.

Voi che posate già sull'altra riva,
immuni dalla gioia, dallo strazio,
parlate, o morti, al pellegrino sazio!
Giova guarire? Giova che si viva?
O meglio giova l'Ospite furtiva
che ci affranca dal Tempo e dallo Spazio?

A lungo meditai, senza ritrarre
la tempia dalle sbarre. Quasi a scherno
s'udiva il grido delle strigi alterno...
La Luna, prigioniera fra le sbarre,
imitava con sue luci bizzarre
gli amanti che si baciano in eterno.

Bacio lunare, fra le nubi chiare
come di moda settant'anni fa!
Ecco la Morte e la Felicità!
L'una m'incalza quando l'altra appare;
quella m'esilia in terra d'oltremare,
questa promette il bene che sarà...

VIII.

Nel mestissimo giorno degli addii
mi piacque rivedere la tua villa.
La morte dell'estate era tranquilla
in quel mattino chiaro che salii
tra i vigneti già spogli, tra i pendii
già trapunti da bei colchici lilla.

Forse vedendo il bel fiore malvagio
che i fiori uccide e semina le brume,
le rondini addestravano le piume
al primo volo, timido, randagio;
e a me randagio parve buon presagio
accompagnarmi loro nel costume.

"Vïaggio con le rondini stamane..."
"Dove andrà?" - "Dove andrò? Non so... Vïaggio,
vïaggio per fuggire altro vïaggio...
Oltre Marocco, ad isolette strane,
ricche in essenze, in datteri, in banane,
perdute nell'Atlantico selvaggio...

Signorina, s'io torni d'oltremare,
non sarà d'altri già? Sono sicuro
di ritrovarla ancora? Questo puro
amore nostro salirà l'altare?"
E vidi la tua bocca sillabare
a poco a poco le sillabe: giuro.

Giurasti e disegnasti una ghirlanda
sul muro, di viole e di saette,
coi nomi e con la data memoranda:
trenta settembre novecentosette...
Io non sorrisi. L'animo godette
quel romantico gesto d'educanda.

Le rondini garrivano assordanti,
garrivano garrivano parole
d'addio, guizzando ratte come spole,
incitando le piccole migranti...
Tu seguivi gli stormi lontananti
ad uno ad uno per le vie del sole...

"Un altro stormo s'alza!..." - "Ecco s'avvia!"
"Sono partite..." - "E non le salutò!..."
"Lei devo salutare, quelle no:
quelle terranno la mia stessa via:
in un palmeto della Barberia
tra pochi giorni le ritroverò..."

Giunse il distacco, amaro senza fine,
e fu il distacco d'altri tempi, quando
le amate in bande lisce e in crinoline,
protese da un giardino venerando,
singhiozzavano forte, salutando
diligenze che andavano al confine...

M'apparisti così come in un cantico
del Prati, lacrimante l'abbandono
per l'isole perdute nell'Atlantico;
ed io fui l'uomo d'altri tempi, un buono
sentimentale giovine romantico...

Quello che fingo d'essere e non sono!

otto giorni nel duemilaotto

Il primo post dell'anno, quello "dell'ottavo giorno" del 2008 è una citazione da Levy, ancora una volta, a chiudere il ciclo di quelle dell'anno scorso, che ben lo rappresenta per quanto mi riguarda:
“L’ascolto consiste nel fare emergere, nel rendere visibile o udibile, la miriade di idee, argomenti, fatti, valutazioni, invenzioni, relazioni che tessono il sociale, il complesso del sociale, nella sua profondità più oscura: progetti singole competenze, forme originali di relazione o di contrattazione, sperimentazioni, organizzioni. All’interno di una situazione di mobilità, le lingue ufficiali e gli schemi fissi portano solo alla confusione, all’occultamento e al disorientamento. Aumentare l’autotrasparenza del sociale (e non la trasparenza dell’individuo rispetto al potere) presuppone che si autorizzino i singoli che lo costituiscono a esprimersi nel proprio linguaggio, a inventarsi le proprie autodescrizioni e quelle dei loro progetti, senza imporre loro un codice a priori”.Con un'appendice piuttosto intensa: "L’intelligenza collettiva non ha nemici. Essa non combatte i poteri, li diserta."Infine una curiosità, il libro di Levy, Intelligenza Collettiva, termina con un leggerissimo Go West..